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Paolo e quella domanda (senza eroismi): “Perché non io?”. Da Como a Bergamo, parte volontario per l’ospedale degli Alpini

La bellezza di un gesto la si misura, spesso, anche dal suo non volersi raccontare a voce alta.

Per questo ci è voluto un po’ per convincere Paolo Manzoni (“il mio nome scrivilo in piccolo, però! Magari con la matita cancellabile”) a raccontare quello che mai avrebbe pensato di fare: offrirsi volontario presso l’ospedale da campo allestito dall’Associazione Nazionale Alpini a Bergamo per i malati di Covid.

Comasco, 43 anni, un passato nella Croce Rossa e oggi dietro il bancone di un bar del centro, la vita di Paolo ha fatto un giro molto lungo prima di tornare al punto di partenza, al desiderio di aiutare gli altri mettendo in campo tutta la sua esperienza professionale.

“Ho iniziato come obiettore di coscienza presso la Croce Rossa di Como, poi come volontario e infine come dipendente – racconta – ho lavorato anche per la Croce Azzurra per poi fare un corso in Svizzera dove ho lavorato fino a due anni e mezzo fa, quando ho cambiato vita e ho aperto un bar in centro”. Locale che, con le restrizioni dovute al Coronavirus, è ormai chiuso da tempo: “Lavoravamo solo la sera quindi siamo stati tra i primi a chiudere – spiega – così mi sono ritrovato a casa e una sera, guardando alla televisione un servizio sull’ospedale che gli Alpini stavano allestendo a Bergamo, ho pensato di inviare domanda per andare a collaborare come volontario e, dopo una ventina di giorni, è arrivata la risposta e domani partirò”.

Vitto e alloggio messi a disposizione dagli Alpini stessi e una disponibilità, quella di Paolo, che va da un minimo di due settimane a un mese, nella speranza per allora di poter tornare dietro il bancone del suo locale.

“Se qualcuno me l’avesse detto a inizio quarantena non ci avrei creduto ma poi più passavano i giorni e più vedevo arrivare aiuti da Paesi lontano come la Russia e Cuba e mi sono detto ‘Perché non io?’ – racconta Paolo – non ho paura, il rischio fa parte del lavoro che facevo prima, a prescindere dal coronavirus e sono sicuro che gli Alpini e l’ospedale di Bergamo hanno predisposto tutto perché il lavoro sia svolto nella massima sicurezza”.

“Sia chiaro però, non voglio fare la parte dell’eroe un eroe né di quello che vuole apparire – conclude tornando di nuovo nell’ombra – importa dare una mano, non chi lo fa”.

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