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Igor e la Croce Rossa: una vita per gli altri tra bombardamenti e tsunami

“Resterò qui in Iraq un paio di mesi come responsabile per il Dipartimento Infrastrutturale della Croce Rossa Internazionale. Mi occupo del dipartimento centrale di Baghdad ”.

Te la racconta così, come se fosse una cosa normale, Igor Malgrati. E per lui, tutto sommato, ormai lo è. Perché sono anni che questo ingegnere quarantunenne nato a Cantù lavora in zone di guerra seguendo il richiamo di una voce che è più forte di qualsiasi comodità, di qualsiasi affetto e di qualsiasi binario semplice e sicuro.

Diploma allo Scientifico, laurea in Ingegneria Edile e lavoro in uno studio aperto con alcuni compagni di università. Tutto bene, tutto tranquillo. Però …

“Però, anche se era molto bello lavorare con degli amici, mi sono accorto di volere qualcosa di diverso, più sociale, non legato solo a tematiche economiche. E così, quando dopo lo tsunami del 2004, si sono aperte posizioni per lavorare alla ricostruzione, sono partito con una Ong italiana per lo Sri Lanka. E poi da lì in Afghanistan. E’ stato come aprire una scatola e poi un’altra: ti ritrovi a fare percorsi inaspettati che definisci solo strada facendo”.

In realtà , dopo l’Afghanistan, la vita ha provato a portarlo nuovamente su binari più semplici ma, ancora una volta, c’era quella voce che chiamava: “Dopo quell’esperienza ero piuttosto confuso – racconta -e sono andato Londra a fare un master in Sviluppo urbano. Poi, per caso, ho trovato lavoro a Beirut con la Cooperazione Italiana (l’Ente governativo del nostro Paese Ndr). Nel frattempo avevo mandato il mio curriculum anche alla Croce Rossa e un bel giorno mi hanno chiamato”.

E così, dal 2011 lavora a missioni della durata di circa un anno nelle quali, spiega, “forniamo supporto alla popolazione sotto conflitto garantendo accesso all’acqua potabile e rendendo agibili ospedali, cliniche e carceri”

Sri Lanka, Filippine ma anche Yemen, Afghanistan, Iraq. Ti sei mai sentito in pericolo?
Abbiamo dei protocolli di sicurezza molto rigidi ma, ciò nonostante, qualcosa può sempre andare storto. Due miei colleghi, ad esempio, sono stati rapiti e uno addirittura ucciso. Personalmente, però, l’unico momento in cui ho avuto davvero paura è stato quando, a marzo 2015 l’Arabia Saudita ha iniziato la guerra con lo Yemen. Di notte bombardavano gli obiettivi strategici e, anche se noi avevamo sul tetto delle nostre abitazioni il simbolo della Croce Rossa e avevamo fornito i punti Gps per evitare di essere colpiti, ricordo ancora quei dieci giorni di bombardamenti prima che ci evacuassero. Ho avuto incubi per due mesi, ogni rumore di notte mi faceva sussultare.

Avrai di certo anche dei ricordi belli, però.
Il più bello in assoluto risale a 2012, quando ho trascorso gran parte dell’anno lavorando nel Centro Ortopedico di Faizabad, nel nord dell’Afghanistan, coordinato a Alberto Cairo (fisioterapista e scrittore italiano, delegato della Croce Rossa Italiana in Afghanistan dal 1989 e candidato nel 2010 al Nobel per la Pace Ndr). Qui i pazienti sono vittime di mine antiuomo, gli operatori stessi sono ex-pazienti amputati e uno dei metodi per reintegrare queste persone nella società è lo sport, come il basket su sedia a rotelle. Umanamente è stata un’esperienza unica ma, tornato a casa, mio era rimasto grande rimpianto.

Quale?
Quello di non essere riuscito a mettere in contatto una delle squadre italiane di basket su sedia a rotelle più forti, la Briantea84 di Cantù, con questo Centro.

Però, ancora una volta, il destino ha fatto la sua parte.
Una sera, parlando con un amico, è uscito che conosceva Alfredo Marson, presidente della Briantea84. Così sono riuscito a metterlo in contatto con Cairo e, nel 2014, siamo riusciti a portare a Cantù la squadra . Ne è nato un match che ha dato visibilità (quindi sponsor) al progetto di Cairo ma, soprattutto, ha gratificato tutto il team afghano.

Ma non ti viene mai voglia, dopo tanti anni, di una vita più tranquilla?
Non so se sia vero, ma leggevo che spesso gli astronauti soffrono di alcolismo perché, tornati su questo pianetino dopo aver visto l’infinito, la nostalgia può diventare davvero insopportabile. Se fai certi lavori e vivi certe esperienze, non è per niente facile decidere di fermarsi e, anche se a volte mi piacerebbe avere una famiglia nel senso più tradizionale del termine, non è detto che la classica ricetta della felicità vada bene anche per me.

In conclusione, sei felice?
Forse una volta ero convinto di poter cambiare il mondo. Ora sono sicuro di non riuscire a farlo ma mi gratifica l’idea di mettere una goccia in mezzo al mare e sì, ne sono felice.

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8 Commenti

  1. Sei un grande,Igor! Una grande soddisfazione per i tuoi genitori! Non solo, anche per tutti gli italiani. davvero commovente. Pare starno che , a questo mondo esistano persone come te! Un forte abbraccio
    Enza

  2. Libero?… la grettezza che si misura nei soldi che potrebbero uscire e non in quelli che ti sono già entrati… fatti la domanda… perchè ci mandiamo i militari? quali interessi segreti dobbiamo proteggere?… le bombe che vendiamo dove finiscono?… e le vite umane per te quanto contano?…

  3. Scelte di vita che non tengono conto del fatto che spesso il nostro paese spende decine di milioni di euro in mezzi uomini e pagamenti di riscatti per andarli a riprendere quando finiscono nei guai e la recente storia insegna….

    1. Pagare riscatti – come fanno alcuni stati – è un grave errore. Non perché, come dice lei, si spendano dei soldi. Pagare riscatti è un errore perché si alimenta un mercato, quello dei rapimenti.
      Detto questo, il Comitato Internazionale della Croce Rossa – per il quale io lavoro – non paga mai riscatti.
      Cordiali saluti,
      Igor

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