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Il grande cantiere di Garzola, Italia Nostra: “Danno paesaggistico”

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato di Italia Nostra:

Da più parti e da numerosi cittadini ci pervengono segnalazioni sul massiccio intervento edilizio che si sta portando a compimento sulla montagna di Brunate. “Come mai?” è la domanda dei più. “Come mai può essere stata autorizzata una edificazione così voluminosa e vistosa?”

L’opinione pubblica, che è sempre più sensibile alla tutela e alla oculata gestione del territorio, merita una risposta.

Cronistoria dei fatti

Il complesso residenziale in località Garzola è costruito dalla Società Stelline Servizi Immobiliari, con sede a Sondrio, su progetto dell’arch.Fabio Della Torre ed è un’iniziativa del Credito Valtellinese.

Chi ha approvato questo progetto?
Il progetto nel suo complesso è stato approvato dalla Commissione edilizia del Comune di Como, sulla base di un parere espresso dalla Commissione per il Paesaggio e in seguito all’assenso al suddetto parere da parte della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici.

Il territorio del Comune di Brunate è soggetto a vincolo paesaggistico in base al Decreto della Regione Lombardia n.1548 del 6/02/1985: detto vincolo non riguarda soltanto Brunate, ma si estende a tutta la montagna, arrivando a lambire la città di Como, fino al borgo di Sant’Agostino.

Il vincolo è stato a suo tempo posto in virtù dei valori paesaggistici del monte, sia in quanto visibile ed emergente in tutte le visuali che dall’esterno si possono percepire, sia per i panorami che dal luogo si hanno dei dintorni, sino ai più lontani confini dell’orizzonte.
Il vincolo è quindi dettagliatamente formulato, essendo esplicitati i criteri con cui è stato posto e i valori paesaggistici che intende tutelare.

Per le regioni esposte nel paragrafo precedente, tutti i progetti attinenti all’area vincolata sono soggetti al parere della Commissione comunale per il paesaggio e sono approvati della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici, organo operativo del Ministero dei Beni Culturali (la tutela e la responsabilità ultima del paesaggio spetta allo Stato e non agli enti locali).

La Commissione per il Paesaggio è di supporto alla Soprintendenza in quanto, composta da persone competenti nel settore paesaggistico, esprime un primo parere al quale la Soprintendenza può opporsi o può avallare con il silenzio-assenso. L’enorme mole di lavoro di cui i pochi funzionari della Soprintendenza sono oberati, rende (purtroppo!) frequente la pratica del silenzio-assenso.

Il progetto di Garzola è stato approvato dalla Commissione Paesistica di Como (arch.Carlo Noè presidente, arch.Elisabetta Cavalleri vicepresidente, arch.Angelo Biaviaschi, dott.Paolo Dal Negro, arch.Alessandra Guanziroli, dott.Gabriele Maspero, geom.Roberto Petese) nella seduta dell’11 ottobre 2012 ha espresso parere favorevole adducendo le seguenti motivazioni:

“La Commissione, tenuto conto della natura del vincolo, dello stato dei luoghi già compromesso dagli interventi precedenti, ed esaminata la documentazione allegata alla richiesta di autorizzazione paesaggistica, esprime Parere favorevole in quanto l’intervento di variante risulta compatibile con l’ambiente vincolato e migliorativo di quanto già autorizzato”

Nel parere espresso è latente una valutazione negativa, ma il progetto si approva in quanto male minore rispetto stato dei luoghi già compromesso dagli interventi precedenti, e addirittura migliorativo di quanto già autorizzato”.

Che cosa era già stato autorizzato e perché i luoghi erano già compromessi?

Risaliamo a un precedente progetto a firma dell’arch.Dell’Oca, su iniziativa della società “Iniziative Immobiliari 2005” (poi fallita), esaminato dalla Commissione Paesistica (dott. Alberto Longatti, arch. Giuseppe Reynaud, arch. Marco Vido) il 20 dicembre 2005, in cui erano stati evidenziati tutti gli aspetti negativi dell’ammasso volumetrico proposto, ma il progetto venne approvato:
“In riferimento all’ambito vincolato particolarmente visibile dalla convalle e posto al limite dell’area boscata, si ritiene che il corpo 5-6 si sommi alla vista dalla città costituendo un volume di 7 piani (di cui due ad uso accessorio, ma visibili come piani effettivi)
Si chiede una simulazione fotografica frontale
Uno studio di colori per evitare l’effetto batteria
Una soluzione che eviti la sovrapposizione visiva delle palazzine 5/6 eventualmente diminuendo i volumi eccessivi e traslando lateralmente il corpo 6 rispetto al 5.

Il 20 maggio 2008 è stata emessa l’Ordinanza di sospensione lavori delle opere eseguite in assenza di permesso di costruire, per le quali pende richiesta di sanatoria.
Poiché l’ordinanza è stata in parte disattesa e i lavori sono parzialmente proseguiti ne è seguito un “sequestro preventivo” da parte della Procura della Repubblica.

Tra gli abusi realizzati vi era un secondo piano interrato di parcheggi, che aveva dato luogo a un enorme spropositato scavo nella montagna.

Quindi, proprio rispetto a questi abusi (un’enorme voragine nella montagna) il progetto successivo figurava come migliorativo dello stato dei luoghi già compromesso dagli interventi precedenti, e migliorativo di quanto già autorizzato.

Qualità del progetto realizzato

L’edificio in costruzione ha cambiato profondamente la percezione che si ha della montagna, alterando il paesaggio storico e tradizionale della stessa. L’erta impervia del monte ha sempre scoraggiato dalla costruzione di grandi architetture; i piccoli nuclei di Garzola Inferiore e Garzola Superiore, già presenti nei catasti storici, erano limitati a poche case.
La successione dei cinque blocchi residenziali, allineati alla stessa quota e poco distanziati tra loro, forma un’immagine continua dalle diverse viste dalla pianura.
A distanza ravvicinata, cioè percorrendo la strada carrozzabile Como Brunate, l’impatto del complesso edilizio è violento rispetto al paesaggio circostante, alle balze del terreno ed all’edilizia storica di dimensioni e proporzioni contenute.
Nella percezione, il salto delle proporzioni si nota violentemente: è una stonatura, una ferita alla continuità preesistente.

L’autorizzazione espressa dalla Commissione Paesaggistica del Comune di Como in data 11 ottobre 2012 ha grossolanamente ignorato le motivazioni del vincolo, cioè l’obbligo tutelate le viste che dall’esterno si possono percepire della montagna.

Detta Commissione ha giustificato l’approvazione, sulla base delle vicende pregresse del sito, senza pretendere prioritariamente il ripristino dei luoghi da parte dell’Ufficio Tecnico Comunale, dopo l’abuso che era stato realizzato, ma svolgendo un ruolo di mediazione e di accomodamento di quanto precedentemente realizzato.
In quanto responsabile della tutela del Paesaggio, in nome della Repubblica, la Commissione per il Paesaggio potrebbe ritenere inadeguate anche le Norme urbanistiche sulla densità dei volumi, qualora detti volumi non siano paesaggisticamente conformi al contesto.

La Commissione ha valutato come i caratteri dell’architettura proposta fossero consoni all’ambiente, che nel caso in questione è un aspetto secondario, mentre l’aspetto sostanziale da essere preso in considerazione doveva riguardare i principali valori paesaggistici del luogo, cioè la pendenza della montagna, i boschi, le dimensioni contenute e rade dell’edilizia esistente sono stati violentemente contraddetti.
La ferita prodotta annulla l’armonia del luogo naturale.

Ora che il volume è costruito, la sua inopportunità è sotto gli occhi di tutti.
L’organo di tutela del Paesaggio non si è reso conto, guardando i progetti, che questa contraddizione sarebbe violentemente risaltata?

Il refuso della Commissione è enorme, e la Soprintendenza ha probabilmente fatto passare la pratica senza la debita conoscenza del luogo e dell’impatto violento che si sarebbe formato.

È utile analizzare anche, nei limiti del possibile, le dinamiche sostanziali di questa operazione, sostenuta dall’istituto bancario Credito Valtellinese. L’appetibilità di queste future residenze sta nella posizione panoramica: le abitazioni si venderanno grazie al plusvalore costituito dal panorama, che verrà goduto dai pochi acquirenti.
Ma l’operazione stessa implica una parziale distruzione del paesaggio, che è bene fruito da tutti i cittadini e di appartenenza collettiva.
Non abbiamo imparato a sufficienza che, per il piccolo profitto immediato di pochi, distruggiamo un bene collettivo che costituisce la reale e duratura risorsa dei nostri luoghi?
È possibile che, ancora oggi, si possono perpetrare simili errori? È possibile che gli organi di tutela non si rendano conto che i valori paesaggistici distrutti sono persi per sempre?

La montagna di Brunate non sarà mai più quel grande volume verde di intensa vegetazione che si erge sopra la pianura, ben visibile fin dall’autostrada da Milano, o sopra la città di Como come un grande drappo vegetale che segna, col mutare dei colori, le stagioni.
Il rischio concreto è che, rotto l’incanto, sarà il pretesto per aggressioni edilizie, sempre più estese verso l’alto, per conquistare un panorama di fruizione individualistica, a danno di una percezione e di una storia collettiva.

Como, 27 aprile 2018

ITALIA NOSTRA – Sezione di Como
La presidente – Prof.ssa Fiammetta Lang

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5 Commenti

  1. Leggere tutto ciò è imbarazzante, l’icompetenza e il menefreghismo regna sovrano… se penso a quante pratiche e a quanti vincoli per apporre una banale insegna o un tendone in un esercizio commerciale… e qui? Otre tutto va considerata che la portata della strada non è adeguata e che per la costruzione di questo ECOMOSTRO è stata distrutta dai mezzi pesanti che ormai da troppo tempo circolano senza sosta

  2. Mi auguro che la magistratura blocchi tutto e che indaghi sui motivi del parere inopinatamente positivo di Commissione e Soprintendenza.

  3. Vorrei solo ricordare che progetti ben meno impattanti dal pinto di vista paesaggistico, furono a suo tempo bocciati dopo varie impugnazioni davanti al TAR , Come mai qui non si è intervenuti con la stessa determinazione?

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