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“Noi, liberati dal campo”. Ecco i residenti di via Regina, due mesi dopo l’addio ai migranti

Parafrasando lo scomparso Charles Aznavour e la sua nostalgica Venezia, si potrebbe intonare un “Com’è triste via Regina, soltanto un anno dopo”. Ma a parte il sussulto che la frase provocherebbe nella militanza salviniana, sulla zona che dal settembre 2016 alla fine dello scorso ottobre ha ospitato il campo governativo per migranti, l’aria trasuda molto poco rimpianti e nostalgia.

Ph. Carlo Pozzoni

La strada che conduce all’ormai ex ingresso – sparita da tempo la grande Croce Rossa – è defilata dal resto del caos attorno (via Napoleona è dall’altra parte dei caseggiati, l’ingolfatissima via Grandi è lo sbocco naturale della via), si respira una quiete assoluta. Qualche auto in cerca di parcheggio accanto al muro su cui incombevano i container, pochi passanti, i residenti in buona parte al lavoro. Poi da un portoncino esce il proprietario di un magazzino.

Taciturno, è avvolto da una sciarpa spessa e dalle volute gelate del respiro. Di parlare con un giornalista, niente voglia. Foto uguale a Peste. Ma le poche sillabe concesse sono come una sentenza: “Sì, si sta meglio adesso”. Apodittico, ma così è.

Basta un attimo, comunque – come ha tuonato la Lega vittoriosa – la chiusura del campo gestito da Cri e Caritas ha migliorato la vita della zona. La risposta di Salvatore Mandaglio, accento meridionale, tuta blu, cappellino bizzarramente Cgil e residenza esattamente davanti alla spianata, è stentorea. “Abbiamo ricominciato a vivere – esclama secco, senza esitazioni – prima era un casino: i migranti litigavano, urlavano, una volta in una lite è spuntato un coltello. Ora è tornata la pace”. I sogni di Salvatore sono senza grandi pretese. Ma tutto nella parole di quest’uomo “elettore Cinque Stelle, ma adesso apprezzo Salvini” è meglio del vecchio centro come vicino. “Cosa fare lì dentro? Un parcheggio per noi residenti sarebbe l’ideale. Altrimenti un parco giochi. O tutti e due”.

Arriva la signora Rosa. I suoi tacchi risuonano nell’assenza di rumori che riempie di nulla la strada.
“Io non sono razzista – dice la signora, già tra le promotrici di una vasta raccolta firme un paio di anni fa – questi extracomunitari sono persone come noi, ma se non li governi fanno disastri”. Sferzante. Ma la sciura non arretra.

Ph: Carlo Pozzoni

“La vita qui da quando hanno chiuso il centro è migliorata eccome. Ci sentiamo liberati, prima c’era da aver paura”. Di cosa? “Di un po’ di tutto: droga, schiamazzi, rumori, pipì in giro”.
Schiamazzi e pipì: l’epocale fenomeno delle migrazioni può essere anche ridotto a questo, a San Rocco.

Il pezzo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

3 Commenti

  1. Questo post l’avevo già letto qualche mese fa . Cosa fate riciclate post ?
    In ogni cado li la situazione non era più sostenibile , in primissima per i migranti . Restiamo umani e non ammassiamoli più in questa doecie di lager dove qualcuno ci lucra sopra . Magari li potremmo sistemare in case degne di questo nome , magari anche in città murata senza concentrarli in periferia ( cittadini di serie B quelli in periferia ?) creando problemi enormi di convivenza , una guerra tra poveri. Sistemiamoli in città murata . Che ne dici ?

    1. Il pezzo che ha appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale (edizione del 21 dicembre), in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.
      Detto questo, la pratica della ripubblicazione – pur se non è questo il caso – è tutt’altro che un’anomalia.
      Cordialmente

      1. Leggo con piacere il settimanale ( una voce libera che in città mancava) . La mia voleva essere una puntualizzazione.

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