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Como, basta fughe dei consiglieri: c’è il tempo effettivo. “O si sta in aula o salta il gettone”

La direttiva era già presente nel nuovo regolamento del Consiglio comunale approvato durante lo scorso mandato. Ma ieri sera è arrivato il richiamo ufficiale della presidente Anna Veronelli a tutti i consiglieri comunali: chi si assenta dall’aula durante la seduta deve togliere la tessera che segnala la propria presenza per interrompere il conteggio del tempo trascorso realmente al proprio posto, salvo reinserirla soltanto al ritorno in sala. Un modo per permettere di conteggiare il tempo effettivamente trascorso al proprio scranno e non “drogare” il dato finale.

In sostanza, un modo per evitare che si risulti presenti in consiglio anche quando, in realtà, si è fuori a fumare una sigaretta, a bere un caffè o ci si sia allontanati per qualunque altro motivo lasciando la tessera inserita nel sistema di rilevazione presenze elettronico. L’obiettivo originario della regola è chiaro: impedire che un qualsiasi consiglieri possa rispondere “presente” all’appello, aggiudicarsi il gettone e poi sparire.

Perché tanto controllo? Semplice: perché, per regolamento appunto, i consiglieri per poter incassare il gettone di presenza di circa 70 euro devono risultare in aula per un tempo pari ai tre quarti della seduta complessiva. Altrimenti, il mini compenso salta.

Ma come mai proprio ieri sera Veronelli ha richiamato i consiglieri alla stretta osservanza della regola, con invito a togliere la tessera dalla propria postazione in caso di allontanamento anche breve? La presidente, ufficialmente, ha soltanto riportato una rinnovata indicazione pervenuta dagli uffici.

Possibile. Eppure il “pissi pissi, bao bao” nei corridoi ieri notte diceva altro. E cioè che, nel clima teso che si vive soprattutto in maggioranza, che in realtà qualche esponente della giunta abbia voluto porre un freno ai frequenti andirivieni dalla sala consiliare per micro-riunioni politiche di esponenti di maggioranza (spesso con tentazioni frondiste) nel cortile e limitrofi.

Se proprio “cospirazioni sotto le stelle” devono essere – era il rumor che circolava – che almeno lo siano scalando il tempo che sottraggono alla presenza in consiglio.

“Che le rivolte rischino almeno di costare 70 euro”, si potrebbe semplificare malignamente.

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