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De Santis&Co: sotto il cachemire, tre azzardi per togliere il timone a Landriscina

Niente da dire, era un bel mondo – l’eterna gente che piace alla gente che piace – quello radunato ieri in via Piadeni per battezzare l’ultima creatura generata-non-creata dall’imprenditore ed ex presidente della Camera di Commercio, Paolo De Santis (qui la sua intervista integrale)

C’è tutto un mondo che farebbe impazzire chi ideò lo spot della Y 10 nel ’90, o Nanni Moretti (“Mi si nota di più se…”) o il Matteo Renzi di un lustro fa, nell’Officina Como battezzata ieri: cervelli (Dalla Vigna, Negrini, Minghetti, Mauro Magatti), creativi (Montini, Passalacqua), nomi dell’imprenditoria ricca e affermata (Traglio, Taborelli, Mantero, Briccola, lo stesso De Santis, Manoukian), ambientalisti (Patelli, Roveda), professionisti (Marzorati, Tomaselli, Amura, D’Andrea, Passarelli, Trabella, Monti, Palma, Pusterla, Arcioni, Lironi), artisti (Lipari), cooperatori (Frangi) e pure una spruzzatina di politica di ieri (Buzzi) e oggi (Nessi, Furgoni).

Potere, idee e soldi (i tanto sbandierati giovani molto meno, invece): cosa si vuole di più? I voti, verrebbe da dire malignamente. Ma chissà, un giorno magari quelli arriveranno, sempre che l’obiettivo del neonato club sia quello (i dubbi esistono ma sono pochi).

Forse un giorno questa piramide sociale ristretta – il vertice alto, diciamo – produrrà un frontman alla Alessandro Rapinese in grado di dare anche un popolo a tanto sangue blu. Anche se, in fondo, Barbara Minghetti ha già aperto un viatico interessante con le sue 672 preferenze; e perché non “bestemmiare” in trasversale ipotizzando che un domani figure moderate come un Marco Butti possano essere interlocutori?

Per ora, però, siamo al pensatoio, almeno ufficialmente. Che, per carità, in città serve eccome: la riflessione seria e profonda, di respiro, srotolata sul medio-lungo periodo e sottratta al feticismo del tamponamento, della buca, del lampione, del mendicante, non è esattamente merce che abbonda in città.

La storia recente di avventure simili, però, racconta altro: parla, ad esempio, della mitica Area 2010 che puntava a fare dell’ex presidente degli industriali Giorgio Carcano il sindaco di Como e sparì nel nulla dopo aver generato – ironia maxima – la sua antitesi, ovvero proprio Alessandro Rapinese.

Parla, ancora prima, del tentativo di Moritz Mantero nel ’94 che ebbe un grande successo ma pur sempre producendo una nobilissima sconfitta. E  infine parla dell’esperienza “Lariopolda”, lo show politico nato sulle orme della Leopolda renziana, imbastito dal rampante sindaco di Albese con Cassano, Alberto Gaffuri, poi rimasto senza Renzi e finito con l’elezione in Regione il 4 marzo scorso di Angelo Orsenigo, lo splendido prodotto del più classico apparato Pd guidato dall’altro Gaffuri, Luca, con la sostanziale marginalizzazione nel partito del fondatore lariopoldo e del bel mondo che aveva animato gli eventi (un bel mondo, peraltro, in parte sovrapponibile a quello apparso in via Piadeni ieri).
Tre esperienze diverse, in tempi diversi, con modelli diversi ma alla fine simili per il filo rosso di base: la “bella gente” a pensare e ragionare, gli altri a vincere.

Eppure, eppure, eppure: fermarsi qui non basta. Ci sono almeno altri 3 elementi che vanno sottolineati rispetto a quanto accaduto ieri sotto la regia di De Santis.
Primo: lo schiaffo – elegante, foderatissimo di seta, mai rissoso – che una fetta comunque ampia, significativa e radicata nella città ha voluto manifestamente assestare a chi siede oggi a Palazzo Cernezzi. Al centrodestra, insomma.

Perché se tanta “aristocrazia” scende in campo e mette la faccia in un’impresa simile, non sta solo dicendo che vuole pianificare parchi e concerti bevendo prosecco: sta dicendo anche che non vede nulla in chi dovrebbe progettare parchi, concerti e occasioni di sviluppo per giovani e vecchi, anche senza prosecco in mano. E non è un bel segnale per i governanti avere una platea comunque così ampia e ramificata che immagina una direzione completamente diversa rispetto a quella che si sta progettando in Sala Giunta.

Giunta Landriscina

Secondo: molto interessante – al confine con l’azzardo – il tentativo dell’Officina di sfidare il tempo politico in cui vive, quello del populisimo, della pseudo democrazia diretta, dello slogan sanguinolento, del colpo di teatro a beneficio della massa con gli occhi iniettati di sangue.

A tutto questo De Santis&Co oppongono un modello apparentemente in caduta libera: il ragionamento, la programmazione, la cosiddetta responsabilità. Ovvero tutto ciò che ha trascinato a fondo – giusto o sbagliato che sia – il Pd a livello nazionale e, in parte, pure la stessa Forza Italia. Puntata forte, dunque, questa: potrebbe rivelarsi giusta e vincente un domani, ma un domani che oggi non si vede (e tutte le elezioni recenti lo dicono). Oppure potrebbe ammazzare nella culla un’ambizione nobile ma totalmente slegata dalla contemporaneità sociale, nonostante la placida Como offra qualche chance in più rispetto ad altre piazze.

Terzo e ultimo: la verità è che ieri uno spezzone non secondario di Como e limitrofi sembra aver puntato una fiche sulla fine anticipata dall’esperienza di governo di Mario Landriscina. I pensatoi puri sul lungo periodo hanno sempre divorato se stessi (qualcuno ha notizie del mitologico Circolo liberal Einaudi, in città?). Inoltre, le sedi reali dove i gruppi e i singoli possono decidere le sorti reali del capoluogo sono ben altri – e resteranno ben altri – rispetto a una pur fichissima Cartiera.

Se ne deduce, dunque, che in via Piadeni sia andato in scena un patto tacito tra chi vorrebbe timonare altrove il destino di Como, in tempi non lunghissimi. E quel patto tacito pare dire questo: “Intanto troviamoci, parliamoci, studiamo un programma per Como. Facciamoci trovare pronti qualora il centrodestra sgomberasse il Palazzo prima del tempo”.

Fantapolitica da retroscenisti incalliti? Possibile. Eppure è difficile credere che quando Berlusconi e Salvini si mettono le dita negli occhi a Roma, Paolo, Maurizio e Barbara non ridacchino un po’ specchiandosi nel lago.

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4 Commenti

  1. Ma pensare al bene della città, pianificare, progettare, proporre rispettando la scelta espressa dai cittadini nelle elezioni ? Mi sembra che si metta il carro davanti ai buoi, che si programmi sperando in un evento che FORSE sarà … ma forse no. La mia impressione è che si programmi in realtà una sperata (possibilmente in un prossimo futuro) occupazione di poltrone. Propongano e lavorino x il bene della città rispettando decisioni e tempi dettati dalla scelta dei cittadini. Tutto quello che realizzeranno sarà bagaglio utile per le prossime elezioni … con la gratitudine dei cittadini per ciò che che avranno realizzato.

  2. Vedo tanti generali ma senza esercito, la storia insegna che le rivoluzioni si fan dal basso,partendo dalla gente comune,e mai dai salotti VIP, tantomeno da quelli nostrani….

  3. Mi sembra che gli stessi signori qualche soldino lo avessero già puntato sul “cavallo” Traglio qualche mesetto fa con il risultato che tutti noi conosciamo….
    ????

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