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Punti di vista

In 13 anni Milano ha prodotto questo. In 37 Como ha la Ticosa vuota e sogna parcheggi

Siamo tutti d’accordo: realtà come Milano e Como, seppur distanti una manciata di chilometri e di minuti, non sono paragonabili quasi in niente. Una è una metropoli ormai quasi più futuristica che contemporanea, fulcro economico non soltanto della Lombardia, attrattrice di investimenti e visioni globali, oltre che generatrice di ricchezze a loro volta sovente trasformate in motori di un circolo virtuoso che da molti anni non si spezza.

L’altra, Como, che pure vive una delle sue epoche più floride e glamour a livello planetario, soprattutto grazie allo sviluppo del turismo, rimane comunque un microcosmo collocato su un’altra dimensione, un’altra scala, un’altra prospettiva.

Due mondi distinti per milioni di ragioni oggettive e forse non modificabili (o, come dice un celebre quanto forse infelice motto, perché Como, pur nel suo fascino e certamente ricca di uomini e imprese di altissimo profilo, è comunque destinata a vivere come giardino o laghetto deluxe nel cono d’ombra di Milano).

Quindi, definite per somm(issim)i capi queste abissali differenze strutturali (ce ne sarebbero, ovviamente, milioni di altre), stamattina colpisce molto la notizia che arriva dal capoluogo meneghino.

Ovvero la scelta del progetto che entro il 2023 completerà la gigantesca operazione CityLife (oltre mezzo miliardo di euro investiti dal Consorzio che unisce Generali Properties S.p.A, Gruppo Ras, Progestim S.p.A., Lamaro Appalti S.p.A. e Grupo Lar), cioè il trasporto nel futuro del Portello, circa 300mila metri quadrati su cui sorgeva la vecchia Fiera di Milano prima del trasferimento a Rho-Pero.

In 16 anni circa (dal 2003 alla scelta di ieri; 20 totali se contiamo quando sarà finito anche l’ultimo lotto di lavori), e benché tramite un soggetto di diritto privato come Fondazione Fiera Milano, nei cui organismi però sono presenti i rappresentanti di tutti i soggetti pubblici più importanti a partire dal Comune di Milano, su quella gigantesca area sono sorti o sorgeranno a breve quattro grattacieli che hanno cambiato il profilo della città (firmati Isozaki, Hadid, Libeskind e l’ultimo della BIG – Bjarke Ingels Group), oltre a parchi, residenze, asili e via dicendo – La cronologia

Il tutto sotto la regia di Palazzo Marino (fondamentali la variante urbanistica al Piano regolatore del 2004, sulla scia dell’accordo di programma del 1994, e l’approvazione del Piano integrato di intervento del 2005) e incorrendo in una miriade di ricorsi al Tar, bonifiche, polemiche, varianti e modifiche, selezioni, gare, appalti, cantieri e così via.

Sedici anni dal primo bando per le manifestazioni di interesse.

Sedici anni: era il 2003, a Como governava il centrodestra con Stefano Bruni al primo anno del primo mandato. Tre anni dopo, a luglio, l’olandese Multi Development vinceva la gara comunale (da 14 milioni, non mezzo miliardo) per riqualificare l’area (40mila metri quadri, non 300mila).

Poi, l’abbattimento del Corpo a C e poco più: ricorsi, polemiche, l’addio dell’azienda, il ritorno al Comune dell’area (pubblica già dal 1982!) e una bonifica iniziata nel gennaio 2012, non ancora finita e destinata a costare circa 10 milioni di euro (5 volte più di quanto previsto). L’unico laghetto presente è una sorta di cloaca a cielo aperto – La cronologia

Per cosa? A oggi, non si sa con precisione. Forse per spostare il Comune lì, forse per avere un ampio parcheggio e la Santarella destinato a generiche funzioni culturali. Poco più.

Insomma: a Milano, Isozaki, Libeskind e compagni. A Como – negli stessi 13 anni a essere buoni, in 37 a essere impietosi – un’area completamente vuota, grande poco più di un decimo e che un paio di mesi fa ha scaldato il consiglio comunale su un centinaio di posteggi eventuali.

Va bene le differenze abissali, va bene che i paragoni Milano-Como sono “impossibili”, va bene tutto.

Ma qui si esagera, forse.

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8 Commenti

  1. e questa è solo una parte della riqualificazione di Milano, c’è anche tutto il resto della zona di Porta Garibaldi, Pazza Gae Aulenti, il Bosco Verticale ecc, spostandosi di poco c’è poi la Darsena, che in pochi anni è passata da “ratera” a luogo di movida

  2. Eh pensare che a quei progetti lavora, quale responsabile amministrativo dell’Area Pianificazione Attuativa Strategica del Comune di Milano, un ex amministratore provinciale comasco…chiedere consigli, ovviamente gratuiti, no??

  3. Bah, i palazzi diverranno vetusti, da abbattere e sostituire. I nostri beni saranno sempre così. Tra 50 anni rileggeremo questo articolo e mi daremo ragione. Se non è guardare avanti questo….

  4. Articolo assolutamente condivisibile. È evidente. Il confronto con Milano è impietoso. Non è solo un problema politico. È un problema culturale. Milano ha una visione del futuro che Como non ha. Le discussioni e le idee, sia a Palazzo Cernezzi sia fuori, si limitano al singolo problema: il parcheggio, gli affari del bottegaio lamentoso, i musicisti da strada..ecc. Non si pensa mai a quello che Como vorrebbe e potrebbe essere nei prossimi decenni. Lo fa l’elite di Officina Como ma nessuno l’ascolta.
    Se non si ritorna a pensare in grande, a produrre progetti e idee, a discuterle si continuerà sempre di più a decadere.
    La forza di Milano è che ci sono idee e la sua fortuna è che ha avuto Sindaci capaci di realizzarle.
    Forse dovremmo darci una scossa!

  5. bastava studiare il piano regolatore del 1934 di Terragni, Cattaneo e co. basato su principi razionalisti per evitare il caos attuale e le scelte sbagliate

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