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Punti di vista

Niente bava alla bocca, niente manganello: lezione di stile e bellezza da Moritz Mantero

Di bellezza, tra una vita nella seta e poi l’invenzione e la creazione di Orticolario, se ne intende davvero.

Moritz Mantero – che all’impresa e alla creatività, in tempi lontani ma nemmeno troppo, ha affiancato anche l’impegno diretto civico e politico – oggi ci offre le sue riflessioni sul futuro della città. Sotto una chiave particolare: quella della bellezza.

Le abbiamo ricevute. Con colpevole ritardo le pubblichiamo integralmente solo ora (l’intervento è arrivato in redazione alle 14.28: chiediamo scusa). Ma andiamo oltre. E battiamo le mani al pensiero che abbiamo potuto leggere e pubblicare di seguito.

Lo facciamo per vari motivi. Innanzitutto perché nella sua ampia riflessione Mantero tocca anche il tema della Città dei Balocchi, caldissimo (almeno da chi lo vuole necessariamente tenere caldo) a dispetto della stagione gelida e della fine della manifestazione.

L’imprenditore affronta, tra le altre, la questione specifica non senza moniti e rilievi anche apertamente critici. Ma – ed è proprio questa seconda, la novità – non lo fa con la clava, con il manganello bastonatore verso il nemico, con la bava alla bocca, con le incredibili, spaventose amnesie che hanno contraddistinto alcuni degli interventi devastanti (e in gran parte strumentali) di queste settimane, con tardivi sussulti alla ricerca di visibilità e titolacci “aggratis”.

Mantero lo fa con argomenti, spiegazioni, tesi, prospettive, indicazioni, appunti ma più di tutto con una chiara e manifesta passione per la città e per il territorio che vive. Si può essere d’accordo, si può non esserlo. Ma l’imprenditore – uno dei più importanti imprenditori del Lario – evita il coltello, le allusioni, i colpi sotto la cintola. Argomenta, lungamente. Tanto basta. E’ così raro, ultimamente.

Di seguito, lo scritto integrale.

Riflessioni sulla bellezza

“Per la rana, la bellezza, si identifica nel rospo” e lo stagno circostante, il suo habitat, non lo cambierebbe per tutto l’oro del mondo.

L’uomo, invece, ha un diverso concetto della bellezza e dell’ambiente che lo circonda, ambiente che, se non risponde alle sue aspettative, farà di tutto per cambiare. L’italiano è fortunato, perché è nato in un bel Paese, dove sono presenti beni culturali come in nessun’altra parte al mondo.

Per gli abitanti di questo territorio la bellezza ha delle connotazioni facilmente riconoscibili. Certo, bisogna conoscerle, guardarle, capirle e rispettarle. Questa è la cultura di cui ci si attende siano muniti gli abitanti e gli estimatori di questa realtà unica.

Tra di loro, anche noi comaschi, nati in un angolo d’Italia particolarmente bello, attraente e attrattivo. Un patrimonio ereditato e, salvo alcune eccezioni, rispettato dalle generazioni di umani che l’hanno abitata e governata.

Una città dove la Casa del Fascio di Giuseppe Terragni può strizzare l’occhiolino al Duomo di Filippo Juvarra eretto secoli e secoli prima, mantenendo un rispetto nelle forme e nelle tinte, degni della più profonda cultura storica e urbanistica.

O ancora, dove il Monumento ai Caduti eretto su bozzetto di Antonio Sant’Elia, al bordo di quel lago che sembra aver dato il nome al Capoluogo e non viceversa. E potrei continuare, parlando di Sant’Abbondio, San Donnino, l’asilo Sant’Elia, il Novocomum, Villa Olmo e il Teatro Sociale, il Baradello e le mura, con le sue torri… Ma non è questo il punto su cui vorrei che la città si focalizzasse.

Ho iniziato citando la bellezza e su questo concetto s’imperniano le mie riflessioni. Como ha concorso per ottenere quel riconoscimento di creatività che l’Unesco ha deciso di concedere a Biella, città della lana. Non è soltanto per la, pur signorile, rivalità tessile che ci siamo rimasti male, diciamoci la verità.

Il nostro territorio, oltre che per il suo lago, è famoso, nel mondo, per essere stato capace di costruire una credibilità creativa unica al mondo: quella della lavorazione della seta. Generazioni di imprenditori serici hanno rappresentato e rappresentano un riferimento estetico di creatività, bellezza, eleganza che, solo da un equilibrio tra forme e colori, tra strutture tessili e finissaggi, possono derivare. Dove sono finiti questi concetti?

Non mi risulta che, questa industria sia defunta. Ne sono una prova le migliaia di famiglie che da questa attività traggono le risorse per vivere e far crescere i propri figli.

Dunque? Non vorremo credere che, la delocalizzazione verso i comuni di cintura sia la causa di questa caduta di creatività, di non rispetto per il nostro patrimonio culturale, di ignoranza verso le più canoniche norme che regolano l’estetica, nelle sua varie forme.

La città che vanta il più alto numero di studi di disegnatura per tessuti, frequentati da utilizzatori provenienti dai 5 continenti, come si esprime in termini di creatività, se, anche l’Unesco, non ha riconosciuto, nel dossier presentato da Como, un motivo in più di quello dei biellesi, per assegnarci quel riconoscimento?

È giusto e doveroso chiedercelo e trovare risposte per recuperare quelle posizioni che occupavamo. Non è soltanto un motivo di orgoglio: è anche un motivo di rispetto per chi ci ha preceduto e per coloro cui affideremo questo patrimonio.

La città è reduce da festività durante le quali, le proiezioni di luce, hanno rappresentato il motivo dominante. Una iniziativa encomiabile, non solo per l’evocazione ad Alessandro Volta, ma per il grande sforzo profuso in termini organizzativi ed economici.

I numeri parlano chiaro: l’evento piace. Grazie, quindi, a chi l’ha ideata e a chi l’ha sostenuta in questi anni. Dunque, possiamo dire che “La Città dei Balocchi” (che nome “inappropriato”, passatemi il termine. Anche Roberto Benigni ci sta ricordando il perché nella bellissima realizzazione collodiana di Matteo Garrone) è l’ “evento” di fine anno a Como. Bene, quale occasione migliore per riprendere ed enfatizzare quei concetti di bellezza ed eleganza che solo da un rispetto rigoroso dell’armonia tra forme e colori possono derivare.

Vogliamo tentare di ri-educare al bello? Proviamo a rispettare e a far rispettare il patrimonio esistente, enfatizzandolo con quella competenza estetica che solo una valida direzione artistica può garantire?

La fantasia non può bastare: occorrono altre competenze che sappiano dare all’organizzazione le giuste indicazioni, correlando lo spettacolo con occasioni artistiche e culturali che ne alzino il livello.

L’occasione è propizia per provarci, anche ispirandosi a realtà vicine come Torino o più lontane come Lione, che hanno saputo realizzare, in quegli stessi giorni, manifestazioni con giochi di luce di visibilità internazionale, con presenza significativa di artisti.

Questo nuovo impegno potrà rappresentare, per Como, una piattaforma esperienziale di notevole valenza. Sul nostro territorio esistono competenze di buon livello per contagiare culturalmente: Miniartextil, Streetscape, il Festival della Luce, ne sono un esempio. Ripartiamo dal toro di Christian Balzano e impariamo a guardarlo, oltre che a vederlo.

Non penso che la qualità sia nemica della quantità. Forse è più il caso opposto. La base di partenza esiste ed è potente. Ma sarebbe un peccato disperderla per aver voluto considerare, prioritariamente, i numeri. Questi possono crescere, ma anche decrescere se non si sviluppano iniziative nuove, di qualità, per mantenerli e farli crescere.

L’iniziativa comasca è attaccabile da chi ne percepisce i punti di debolezza. E non penso solo al traffico impazzito di quei giorni. Penso, piuttosto all’atmosfera che si può creare o distruggere se non si pone attenzione ai dettagli, dove, notoriamente, si nasconde il diavolo.

Non bisogna generalizzare i numeri da capogiro di quelle settimane. Mescolare lo spettacolo con il mercato, ad esempio, rischia di confondere le idee valide dell’intuizione originale.

Questo è il mio modesto parere che, attraverso queste riflessioni, vuole contribuire ad evitare una terza “bocciatura” in altre sfide, oltre alle due già perse dalla città.

Moritz Mantero
Imprenditore serico

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8 Commenti

  1. Le parole di Moritz Mantero , davvero eleganti ed educate , colgono nel segno. Le Festività di Fine Anno sono occasione di mettere in vetrina le Città ma il tutto deve essere fatto con gusto altrimenti basta nulla a finire in una atmosfera kitsch. Ho letto di chi parla di Colmar…ecco basterebbe prendere qualche idea anche da quelle parti

  2. La qualità delle luci è peggiorata di anno in anno.
    Ormai tante città offrono questo spettacolo, ma non è cadendo nel kitsch che si possa battere la concorrenza.
    Che si punti – come dice Mantero – sull’apporto di artisti, o sulla sottolineatura delle nostre peculiarità. Con senso della misura.

    Basta con questa ubriacatura che finirà per stancare.

  3. Di questi giorni una riflessione analoga da parte di mio marito sul nome infelice… Che dice molto di questo evento invernale che porta numeri, ma non dona particolare eleganza alla città. Forse si pensa che non sia necessaria progettualità, forse si pensa che chiunque possa essere artefice di un progetto illuminotecnico di largo respiro che dia nuova vita e visibilità durante il periodo natalizio. In quanto al resto dell’anno, è noto a tutti lo scorrere dei giorni tra vie buie da anni (via diaz x citarne una), piscine chiuse, strade non curate, ciclabili inesistenti, parcheggi mal gestiti, Mi tengo serenamente alla larga e godo della calda atmosfera di cittadine come Colmar… In attesa che Como ritrovi la dignità persa.

  4. Mantero ha ragione, la città dei balocchi inizialmente era per far divertire i bambini, ora sembra più per il pubblico adulto.
    Col nuovo bando il Comune e, quasi certamente amici di Como, riusciranno a rinnovare questa “innocenza” iniziale?
    Io lo spero

  5. Da Mantero c’è solo da imparare, sia per la lucidità e la pacatezza dei toni che ha usato nell’esporre il suo pensiero che per la cultura della bellezza di cui la sua persona e il suo essere sono permeati. Chapeau!

  6. Mantero – come si dice – va di fioretto, ricama con eleganza le critiche ad un’iniziativa (la Città dei Balocchi) che per tanti aspetti ricalca il mood della città: la mancanza di una progettualità d’alto livello, l’assenza di competenze, la sbornia miope dei numeri.
    Il resto d’Italia e del mondo, avanza, cresce. Mantero cita Torino e Lione. Ma da nord a sud, ormai, si moltiplicano le città che offrono spettacoli di luce di alto livello durante le feste. Come Bologna con le strofe di Lucio Dalla (2018-19) e Cesare Cremonini (2019-20), ad esempio. Como rischia di ripetere gli errori del passato. Evidentemente la lezione della crisi nel settore serico non è stata compresa. Vivere di rendita, dormire sugli allori, sono eutanasie dorate. Vale per la Città dei Balocchi (dov’è finito lo spirito iniziale attento ai più piccoli?) ma anche per il turismo in generale, come per la cultura. Bisogna migliorare il prodotto, l’offerta deve essere di qualità per continuare a primeggiare. Diversamente ci si abbassa alla mediocrità, ci si imbruttisce, lo spettacolo diventa mercato.
    Ma attenzione a non diventare snob, se no si finisce col divenire antipatici.

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