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Case (im)popolari: via Filzi, degrado, topi, alberi a rischio e 15 case vuote

Le case comunali di via Fabio Filzi, ad Albate, sono quattro palazzoni bianchi con le tapparelle verdi, candeggiate dal sole. La quiete, insolita, che avvolge il condominio può passare come effetto di un caldo pomeriggio di un giorno feriale.

Quando incontriamo Roberto, nostra guida nel piccolo tour dell’area, capiamo che in realtà il silenzio è sintomo della desertificazione degli alloggi.

“15 su 32 sono vuoti, per l’esattezza – racconta l’uomo, cresciuto tra le palazzine squadrate e la cui madre vive nel comprensorio talmente vecchio che molti non ricordano quando sia stato costruito – un tempo era una bel contesto, si era creato un senso di comunità tra famiglie. Ora, tra lo spopolamento, l’arrivo di condomini a cui poco importa del vivere comune e soprattutto il fatto che il Comune si è dimenticato di noi, è cambiato tutto”.

Roberto è il nocchiero perfetto pergirare tra le case di via Filzi. Da diversi anni si sobbarca infatti molti interventi che dovrebbero spettare al Comune di Como o quantomeno a un amministratore di condominio – al momento ruolo non assegnato. “Sono topi grossi così, non topini di campagna – dice, mimando la grandezza delle pantegane che infestano il giardino e mostrandoci le entrate delle tane e le trappole che lui stesso ha piazzato – è stato difficile anche chiedere 10 euro a famiglia per coprire il costo delle esche”.

Via Filzi è infatti popolata da pensionati che spesse volte beneficiano solo di una pensione minima. Con metà degli alloggi correntemente sfitti, in quanto non a norma, le spese, invece di distribuirsi e dimezzarsi, raddoppiano.

Ed è così che anche le più elementari opere di manutenzione auto-gestita diventano difficili.

Il risultato si vede nell’intonaco delle scale scrostato, nell’umidità che si mangia i piani interrati delle cantine o nell’erba che, se non fosse per l’intervento mensile di Roberto, crescerebbe incontrollata. “Uno dei problemi più recenti che ho segnalato al Comune è l’albero all’entrata della nostra strada – dice l’uomo mostrandoci un abete di circa trenta metri, il cui tronco, biforcandosi, rischia di spezzarsi a metà – ho mandato alcune mail in Comune ma tornano indietro. La casella è piena. Ho chiamato ma nessuno risponde”.

Da vicino, in effetti, il tronco dell’albero trasuda resina da ampie lesioni nella corteccia, dove la torsione è più forte. “Nei giorni di vento ho paura venga giù tutto” dice preoccupata Eugenia, un’abitante delle case, apparsa dal nulla dell’aria ferma del cortile.

La lotta di Roberto per poter garantire degli standard di vivibilità minimi alla madre e agli altri condomini con cui è cresciuto è titanica.

“Mia mamma ha seri problemi alla schiena. I palazzi sono vecchi e gli impianti elettrici non sono più a norma, una persona disabile non può vivere qui – ci dice, mentre mostra come ha dovuto mettere a posto gli infissi della casa della madre Sabina, che risalgono almeno agli anni 40 – noi vogliamo chiedere il cambio di alloggio visto che lei non può più fare le scale. Ma mi chiedo cosa succederà al resto delle case. Il dubbio, lecito, a questo punto, è che il Comune stia aspettando che tutti se ne vadano per poi poter vendere”.

 

L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

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2 Commenti

  1. Dopo aver letto questo articolo, il pezzo sugli appartamenti murati in via San Bernardino e la spiegazione fornita dal Vice Sindaco (senza megafono ma con microfono) sul perché si murano, non si ristrutturano e non si assegnano le case popolari di proprietà del Comune; sarebbe interessante sapere quante case popolari inoccupate ci sono in città e quante sono le famiglie richiedenti casa popolare. Sarebbe bello anche sapere in che case abitano oggi i richiedenti “abitazione popolare”, i canoni di locazione che pagano e a chi li versano.
    Sono queste le informazioni che servono per comprendere quale sia l’interesse dell’attuale Amministrazione sui problemi abitativi dei meno fortunati. I miei amici “baluba” potranno così valutare se lo slogan “prima i comaschi” potrà essere convertito in “prima i comaschi che affittano case fatiscenti a prezzi salati ai comaschi che vengono dopo”.

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